Il femminismo, santa maradona, gheddafi e tanti demoni

In “Santa Maratona”, un film di qualche anno fa con Stefano Accorsi, un ragazzo e una ragazza s’innamorano. Scene passionali e trovate ironiche ci raccontano la loro storia. Sono indispensabili l’uno all’altra, guardano il mondo con una luce diversa anche se il mondo è ostile a quelli della loro razza. Lui è uno squattrinato laureato in lettere. Lei è un’attrice di teatro. Un giorno lei decide di confessargli un segreto. Chissà forse perché i sensi di colpa si affacciano in noi quando la vita ci spiazza. Gli dice che per ottenere una parte in uno spettacolo è andata a letto col regista. E’ un fatto avvenuto quando lui non c’era ancora, insomma molto tempo prima che si incontrassero. Coloro che non sono scesi a compromessi col mondo, che non hanno venduto i propri sogni, pur pagandone il prezzo ogni giorno, sono allo stesso tempo personaggi spietati. Lui s’infuria, la insulta, la molla. Il suo miglior amico cerca di riportarlo alla ragione dicendogli che era stata coraggiosa nel dirglielo. Che quella cosa era capitata due anni prima del loro incontro e che non aveva nessun diritto di fare così (http://www.youtube.com/watch?v=SElehi4oD3w).
Così va la vita, direbbe Kurt Vonnegut.
    
“Santa Maratona” è una bellissima storia d’amore e ci dice che ogni persona sopporta il peso e le conseguenze delle sue scelte, qualsiasi esse siano. Così va la vita.
Ma in questi ultimi tempi i capovolgimenti di alcuni valori elementari sta mettendo in discussione la dignità della nostra società. Non mi riferisco alla telenovelas di un certo politico, ma al modo con cui simili fatti vengono ormai percepiti (o offerti, a seconda dai punti di vista). Il punto è che nella propria intimità chiunque è libero di dare ai propri organi sessuali il valore che preferisce. Ma se si inizia a vedere le attività sessuali come una moneta di scambio per costruirsi una posizione, raggiungere obiettivi o, semplicemente, conseguire secondi fini, allora vuol dire che la dignità sta andando letteralmente e metaforicamente a puttane. E se si inizia a giustificare coloro che incoraggiano tutto questo allora il rischio è che ad andarsene e a puttane sia lo Stato.

Dopo che Gheddafi mise su il teatrino della “conversione delle fanciulle” si scoprì che quelle ragazze avevano accettato di farne parte dietro una paga di cinquanta euro (più una copia del Corano). Cinquanta euro per trasformare se stesse in uno spot per un dittatore, cinquanta euro per esaltare un criminale, cinquanta euro per farsi affibbiare una spiritualità di seconda mano. Forse quelle donne che, in qualche angolo del mondo, praticano la prostituzione in maniera libera e legale, come una finalità e non come un punto di partenza, avranno qualcosa da insegnarle in termini di dignità (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-08-29/gheddafi-giunto-roma-domani-151944.shtml). Per fortuna non a tutte dato che qualcuna ebbe il buon senso di levare i tacchi.

Il teatrino di Gheddafi, il sonno in cui è sprofondato il femminismo italiano, il successo che riscuotono le trasmissioni televisive montate su tette e culi, l’enorme riscontro che qualche anno fa ebbe l’impiegato dell’università di Bari che offriva le soluzioni dei test d’ingresso in cambio di prestazioni sessuali, le giovanti rampanti ministre e tanti altri episodi, fanno emergere la supposizione che in questo Paese il maschilismo sia maggiormente diffuso tra le donne. In vista di questa supposizione ben vengano le manifestazioni di piazze come quelle del 13 febbraio 2011, a patto che siano incentrate più sulla cultura che sulla politica. Più sulla percezione generale di alcuni fatti e non sui fatti stessi. Insomma, va detto che una società che riconosce il metodo della prostituzione come crescita è una società destinata a non avere vita lunga; che il rispetto non lo si può pretendere se si è le prime a paragonarsi ad un ammasso di carne ben sistemata. E’ un periodo in cui stiamo assistendo ad un capovolgimento radicale di alcuni principi elementari, dalla dignità della donna alla giustizia, dal ruolo fondante della cultura alla sobrietà dei rappresentanti, dalla legalità all’istruzione e alla sanità pubblica e mi rifiuto di pensare che la responsabilità sia esclusivamente legata ai politici.

L’androide Ulisse direbbe che gli esseri umani sono sempre lì a vendersi. Si vendono i politici di provincia per creare una rete clientelare, si vendono gli ipocriti nell’appoggiare tutte le parti in gioco, si vendono i religiosi per rimanere ancorati al potere, si vendono gli intellettuali per assicurarsi un’ala protettiva, si vendono gli arbitri corrotti, si vendono gli avvocati e i commercialisti aiutando i peggiori diavoli nelle loro magagne. Si vendono le attrici per ottenere una parte nello spettacolo. Così va la vita. Eppure se tutto questo dovesse essere giustificato, o legittimato, se dalle nostre menti scomparisse il principio del Delitto e Castigo, sarebbe la fine e il nostro mondo si ridurrebbe ad una manciata di potenti e ad intere legioni di schiavi e sfruttati.

Qualche giorno fa pensavo insieme ad un’amica a certe produzioni americane, come Il Signore degli Anelli o Avatar. In questi film il bene e il male sono così nettamente distinguibili che nessuno può arrivare a confonderli, neanche gli stessi personaggi. Nella realtà è diverso: il bene e il male convivono entrambi in noi, ma, allo stesso tempo, nelle loro accezioni elementari sono così distinguibili che è difficile confonderli. Spesso si tratta solo di scegliere da che parte stare. Il perché uno dovrebbe scegliere il bene, se lo deve trovare da sé. Così va la vita.    

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