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Visualizzazione dei post da luglio, 2011

Millecinquecento pagine bianche

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Le stragi di Oslo e Utoya hanno zittito tutti. Gli stessi giornalisti non hanno potuto fare altro che raccontare quanto è successo, senza abbandonarsi in vane considerazioni. Del resto potremmo spendere tutte le parole che vogliamo ma alla fine sarà sempre il silenzio, quello che intercorrerà tra una parola e l’altra, a far ruotare a vuoto la giostrina dei perché. Perché? Breivik è un ragazzo che ha scritto per diversi anni un testo di millecinquecento pagine argomentando con una certa lucidità una volontà di distruzione e assurde rievocazioni medievali. E’ un ragazzo che ha saputo mettere su una minioperazione di marketing culturale costruita, come di tradizione, su immagini inquietanti e minacce inventate e sulla creazione di un salvatore. E’ un ragazzo che ha progettato un attentato sin dalla base, cioè dalla costruzione degli ordigni, riuscendo poi efficace. Alla luce di tutto quanto Breivik non può essere un pazzo e un’eventuale insanità mentale sarebbe una prognosi che, in fi

Il burbero squartatore di palloni

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Il burbero squartatore di palloni è una figura presente in ogni cortile. E’ uno degli abitanti del vicinato che non perde mai occasione per cacciare i bambini che giocano in strada. Ce n’è almeno uno in ogni quartiere e in genere si personifica in un uomo adulto, generalmente in pensione, che manifesta la sua ostilità in vari modi: invadendo il “campo” da gioco con fare minaccioso, sbraitando dal balcone con postura mussoliniana e sequestrando appunto il pallone (in genere un supersantos).   Le motivazioni del suo comportamento possono essere di varia natura. C’è chi non sopporta il loro chiasso, c’è chi teme la minaccia di un supersantos contro la macchina o la saracinesca, c’è chi mosso da esterofilia non sopporta quegli immigrati che dal palazzo adiacente vengono a giocare nel suo cortile. Per non parlare delle faide condominiali che vengono scontate proprio sui figli del vicino. Ma al di là delle motivazioni che stanno alla base del suo comportamento, infervorarsi contro i

Gli anticorpi della buona editoria

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Il panorama editoriale italiano più di spicco è stato forgiato dalla Resistenza. Precisiamo. Non che la Mondadori o la Laterza, per esempio, a suo tempo abbiamo promosso attività sovversive antifasciste, ma semplicemente vi sono stati movimenti intestini che soffrivano un’imposizione culturale che impediva alla casa di svolgere semplicemente il proprio lavoro: promuovere e diffondere idee a trecentosessanta gradi. Del resto si sa, il pensiero non è tale se non è libero. Per dirla in altri termini è come imporre ad un cuoco determinate ricette, o dire ad un birraio di produrre la stessa birra nazionale. In questo modo non solo un prodotto non è più competitivo sul mercato ma si sbarra anche quella curiosità e quello slancio sperimentale che accomuna, in varia misura, ogni attività umana. Il punto è che una casa editrice acquisisce un certo valore, nel mercato delle idee come nel commercio librario, a seconda del contributo umano che è in grado di offrire alle persone. Per questo mot

Città invisibili e pianoforti

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Cos’è una città. Il luogo in cui si risiede? Il principale teatro quotidiano su cui si transita? Un posto in cui cercare opportunità? Le risposte possono essere innumerevoli poiché la città è come un libro: anche se è uno solo, acquisisce un volto nuovo ogni volta che viene letto. Ed è proprio così. Ognuno di noi si porta dentro una sua città invisibile , fatta di tutto quel magma interiore che riveste architettura e i paesaggi. Fermiamoci un minuto e pensiamo a tutte quelle vite che ogni giorno ci passano accanto nella nostra totale indifferenza. Il punto è che ogni persona è un mondo fatto di storie, emozioni, sentimenti, percorsi, punti di vista e la città, qualsiasi essa sia, è una galassia fatta a sua volta di tutti questi mondi in continuo movimento. Persino in quelle giornate noiose in cui sembra che nulla accada, all’interno di ogni città le vite si connettono, si influenzano, si sfiorano. Compresa la nostra. Fermiamoci un altro minuto e pensiamo agli stimoli, alle em