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Visualizzazione dei post da 2012

Buon anno amico mio incazzato

Auguro buon anno a tutti, si a tutti, ma in particolare a te, amico mio incazzato.  La rabbia è di questi tempi un sentimento più che giustificato. Le ingiustizie sono tante, le opportunità poche, le parole di chi dovrebbe tacere troppe. E’ naturale essere incazzati.  Considero la nostra incazzatura il primo vero passo avanti rispetto agli ultimi decenni. E’ una conquista della nostra generazione, quella stessa generazione che uno dei tanti bocconiani da strapazzo considera perduta. Grazie a questa incazzatura le persone leggono i contratti, si informano su ciò che accade intorno, rispolverano la propria dignità, si uniscono. Il punto è che proveniamo da decenni di ipocrisie, di discorsi retorici e di sonnolenze, tutti vizi perpetuati da una generazione che ha fatto di una banale canzone pop come “Finchè la barca va lasciala andare” una filosofia di vita. Una filosofia che oggi più che mai rivela la propria vacuità. Per questo motivo l’incazzatura è la nostra prima grande conquis

Io e Te

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“Io e te”.  “Io e te” è un costrutto favoloso poiché in queste tre piccole parole una persona si espone all’altra senza scudi, senza difese e senza quella retorica che ci vuole incastrati in entità artificiose.  Quando una persona dice “Io e te” si denuda di ogni definizione, di ogni armatura e si rivela in tutta la sua intimità all’altro. Pronunciare questo costrutto significa stabilire un vero contatto col prossimo e liberarci di tutte quelle schedature che pretendono arrogantemente di dirci chi siamo. L’“io e te” è una frase molto piccola, si, ma allo stesso tempo forte. Forse tra le più forti che si possa mai pronunciare. Da sola può vincere le differenze di razza, di religione, di credo politico. Da sola può vincere i pregiudizi legati alla logica dei gruppi (non solo di facebook).  “Io e te” esprime la vita poiché la vita è affermare la propria esistenza esponendosi al prossimo. L’essere umano ha bisogno di interagire con una sola persona alla volta, come uno specchio

Viaggio in Calabria. Terzo giorno di cammino.

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Al mattino smontammo la tenda sotto lo sguardo incuriosito di qualche anziano mattutino, appostato come guardie sul lungomare. Nel bel mezzo delle operazioni sentii squillare il cellulare. Era mia madre in apprensione per il tremendo temporale abbattutosi nella notte dalle nostre parti. Almeno così aveva sentito dire alla tivù. Io le risposi che avevo avvertito giusto una pioggerellina. Quindi due erano le cose: o il megatemporale ci aveva appena sfiorati, oppure eravamo così stanchi da non sentire alcunché. Oppure il senso tragico di un genitore di un figlio in viaggio è inestinguibile. Sistemammo le nostre cose e facemmo colazione in un bar dove sfruttammo il bagno. La cassiera, a vederci, ne rimase piuttosto affascina. Un tizio di trentanni, invece, ci indicò la via degli scavi archeologici i quali, pur essendo fuori città, non erano molto lontani. Ci incamminammo a piedi tra bordi di strade statali, marciapiedi, ponti e banchine, cantando tutto ciò che ci passava per la testa

Il Documento de I Ciclabili

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I Ciclabili è un movimento sostenuto da un gruppo informale di Corato impegnato da circa un anno nella sensibilizzazione all’uso della bici e al rispetto di chi va in bici. Fino a qualche giorno fa la sua attività è stata principalmente una doppia uscita settimanale in bici aperta a tutti. Il venerdì sera e la domenica mattina. Biciclettate che a volte hanno preso la forma di una vera e propria critical mass, con tanto di disagi del traffico e critica agli automobilisti indisciplinati, e altre volte sono state delle godibili passeggiate di gruppo in città o in campagna. Il 27 aprile 2012 i Ciclabili hanno pubblicato un proprio documento, al momento sottoscritto già da oltre cento persone, in cui da una parte criticano le piste ciclabili del paese, limitate ad una pallida segnaletica orizzontale, dall’altra offrono una serie di suggerimenti e proposte da rivolgere all’amministrazione comunale. Il documento ha avuto sin dall’inizio, a Corato, un vasto eco grazie sia al passaparo

Salva i ciclisti

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Salvaiciclisti è la versione italiana di un movimento più grande, un’onda che partendo dall’Inghilterra si è allargata in tutta Europa, uno tsunami rivoluzionario che lascerà i primi segni sabato 28 aprile, quando ci sarà la più grande manifestazione a livello europeo a favore della bicicletta. Salvaiciclisti: in sintesi. Tutto è iniziato dalla campagna “Cities fit for the cyclists” lanciata dal Times. Si tratta di un manifesto con cui si elencano otto punti per rendere più ciclabili le città. Otto proposte da fare ai governanti contro una viabilità urbana non più sostenibile sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista della sicurezza. Il manifesto conosce da subito un eco vastissimo e inizia a circolare sui social network e sui blog di tutta Europa. In Italia il movimento viene rilanciato col nome Salvaiciclisti ed è dapprima supportato da testate nazionali come Repubblica, Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano. In pochi giorni gli

Come nasce un libro (video)

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Tatto.  Vista.  Olfatto.  Udito.  Gusto.  Il libro è un oggetto perfetto che colpisce tutti gli organi di senso. Le sensazioni che ci fornisce vanno a colmare l'esperienza stessa della lettura. Di conseguenza la sua "costruzione" non può che essere un'esperienza puramente artigianale anche quando l'editoria incrocia il tecnologismo del mondo contemporaneo. L'amore, la passione, che esso richiede anche nei procedimenti più meccanici, ci fa capire quanta magia esso contenga.  Eccone un esempio.   

Vi presento Fiat l’americana (italiana se serve)

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Qualche tempo fa un tizio diceva che se la Fiat facesse auto dello stesso livello delle sue pubblicità, sarebbe un’azienda fantastica. Certo, nella sua lunga storia ha prodotto veicoli di varia qualità. Da quelle riuscite come la Uno e la Punto, a quelle così poco riuscite, come la Fiat Palio, da determinare una crisi da cui l’azienda è emersa solo grazie al fortunoso accordo con la General Motors. Al di là della sua effettiva qualità la Fiat deve una parte dei suoi introiti alla commistione che essa ha con l’Italia e col relativo sentimento nazionale. In tanti anni ha goduto del marchio di azienda nazionale per assicurarsi sia una bella fetta di mercato, sia dosi consistenti di sovvenzioni statali. Ma non solo. Anche quando l’azienda si è espansa all’estero si è portata dietro, inevitabilmente, quel retrogusto di italianità che nel mercato internazionale molto spesso rappresenta una marcia in più. Nonostante questo debito però, naturale e fisiologico, negli ultimi anni abbiamo as