Il burbero squartatore di palloni


Il burbero squartatore di palloni è una figura presente in ogni cortile.
E’ uno degli abitanti del vicinato che non perde mai occasione per cacciare i bambini che giocano in strada. Ce n’è almeno uno in ogni quartiere e in genere si personifica in un uomo adulto, generalmente in pensione, che manifesta la sua ostilità in vari modi: invadendo il “campo” da gioco con fare minaccioso, sbraitando dal balcone con postura mussoliniana e sequestrando appunto il pallone (in genere un supersantos).  

Le motivazioni del suo comportamento possono essere di varia natura. C’è chi non sopporta il loro chiasso, c’è chi teme la minaccia di un supersantos contro la macchina o la saracinesca, c’è chi mosso da esterofilia non sopporta quegli immigrati che dal palazzo adiacente vengono a giocare nel suo cortile. Per non parlare delle faide condominiali che vengono scontate proprio sui figli del vicino. Ma al di là delle motivazioni che stanno alla base del suo comportamento, infervorarsi contro i bambini spesso diventa per lui una valvola di sfogo di tutte le frustrazioni personali o una cosiddetta questione di principio. Di quale principio però, non è mai detto.

Il burbero squartatore di palloni è il classico orco contro cui i bambini si ritrovano ad opporre Resistenza. E’ una Resistenza però che non parte da nessun principio, vero o presunto, né da alcuna retorica. I bambini seguono semplicemente ciò che sono e per questo motivo, dopo la sfuriata dell’orco, saranno di nuovo lì a giocare tutti insieme, abitanti del cortile e clandestini.
Il burbero squartatore di palloni è una figura che è stata immortalata sia nel cinema che nella letteratura, ma di certo la più riuscita è senza dubbio quella del Gigante Egoista, una favola del grande Oscar Wilde. E’ la storia di un gigante che vive tutto solo in una casa immersa in un giardino, un giardino  che fiorisce quando i bambini s’intrufolano per giocarci, e sfiorisce ogni volta che il gigante li caccia. Una storia che di certo gli egoisti della realtà non leggeranno. Ma forse noi, lettori di questo post, si. Anche solo per augurarci di non diventare, un giorno, una testa di… pallone.

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