Gli anticorpi della buona editoria


Il panorama editoriale italiano più di spicco è stato forgiato dalla Resistenza.
Precisiamo. Non che la Mondadori o la Laterza, per esempio, a suo tempo abbiamo promosso attività sovversive antifasciste, ma semplicemente vi sono stati movimenti intestini che soffrivano un’imposizione culturale che impediva alla casa di svolgere semplicemente il proprio lavoro: promuovere e diffondere idee a trecentosessanta gradi. Del resto si sa, il pensiero non è tale se non è libero.
Per dirla in altri termini è come imporre ad un cuoco determinate ricette, o dire ad un birraio di produrre la stessa birra nazionale. In questo modo non solo un prodotto non è più competitivo sul mercato ma si sbarra anche quella curiosità e quello slancio sperimentale che accomuna, in varia misura, ogni attività umana.

Il punto è che una casa editrice acquisisce un certo valore, nel mercato delle idee come nel commercio librario, a seconda del contributo umano che è in grado di offrire alle persone. Per questo motivo le case editrici non sono dei buoni affari per qualsiasi uomo di potere, poiché il potere ha sempre bisogno di una retorica leggittimatrice che una buona casa editrice porrà sempre in discussione. Non per antagonismo, ripetiamo, ma per costituzione.

Per paradosso però accade che l’attività delle case editrici porta spesso le realtà più grosse a diventare oggetto di desiderio da parte dei potenti. Una volta conquistate i nuovi proprietari non metteranno mai la mano sul lavoro della casa editrice poiché se lo facessero non solo perderebbero consensi, ma ne metterebbero a repentaglio persino il valore economico e culturale.  Ma il fatto di possederla è un modo per costruirsi un’immagine di grandezza, poiché la grandezza deriva sempre e solo dalla cultura. O una possibilità per spacciarsi come paladino della democrazia, un po’ come oltre duemila anni fa faceva Cesare Ottaviano Augusto mantenendo in piedi il Senato dopo averlo privato di ogni potere.

L’uomo di cui non faremo il nome ha certamente tratto dei vantaggi dalla Mondadori. Ha venduto l’illusione di essere un illuminato, ha ingannato migliaia di persone spacciandosi per difensore della pluralità, ha conferito alla sua persona un peso anche negli ambienti intellettuali. E’ stato sicuramente un tassello fondamentale nella sua scalata al potere, come del resto la cultura è determinante nell’evoluzione di una società, ma ora la sua parabola sta giungendo alla fine e la sentenza di oggi, che gli impone di pagare a De Benedetti una cifra da capogiro corrispondente al doppio delle sue quote azionarie, ce lo conferma ancora una volta.

Ma a prescindere dall’ascesa e dalla decadenza dei poteri, la Mondadori è rimasta una grande casa editrice non per merito di un presidente, ma per il semplice fatto che eventuali censure o azioni di correzione culturale, l’avrebbero affossata. Sia culturalmente che economicamente. In altre parole l’avrebbero fatta fallire.

Commenti

  1. Già, il punto è questo: Berlusconi (ti riferivi a lui vero? :D) per anni ha saputo lucrare anche dalle sue apparenti avversità, forgiando il suo molto discutibile mito anche attraverso i "ritratti" al vetriolo fatti dai suoi fieri avversatori (i comici, gli scrittori, le controparti politiche...) Quando non censurava, e anzi si faceva forte del suo liberalismo interessato, allora Berlusconi era davvero forte, perché sapeva convertire a suo favore qualsiasi illazione, critica o provocazione con una smorfia o una battuta pseudospiritosa. Quando fior di intellettuali come Marcello Pera e Martino aderivano a Forza Italia perché attratti dal suo carisma di outsider anti-politico che avrebbe fatto prima o poi la fantomatica rivoluzione liberale - allora Berlusconi era saldo e irresistibile, perché tutti sorvolavano sui suoi peccatucci e sul suo sprezzo per le regole pur di seppellire per sempre una classe politica, una cultura di governo che - si diceva - aveva prodotto solo guai (anche se, al confronto, oggi ci pare un sodalizio di soloni, di saggi...). Berlusconi è stato l'ultimo e grande errore che il Novecento (italiano e non) ha compiuto per paura del comunismo: una paura non solo infondata, ma soprattutto, vista col senno di poi, del tutto strumentale, perché di comunisti in Italia forse ne abbiamo avuti solo per un decennio scarso dopo la seconda guerra mondiale.
    Oggi che si affanna a censurare e correggere e fare leva su tutte le sue energie e le sue voci (giornali, tv, tg, Einaudi vs Saviano, barbaredurso e bisignani) per prolungare il suo declinante dominio, beh, Berlusconi appare davvero debole, molto debole... Io, per esempio, ho odiato per anni Le Iene, pur riconoscendo che televisivamente era fatto bene, era un buon prodotto) perché second me erano la dimostrazione netta e incontrovertibile che, mentre millantava di essere un editore liberale, con questo programma Berlusconi compiva una operazione assai funzionale al suo modo di intendere l'editoria e la sua politica culturale in genere: attaccando il marcio che caratterizza a suo dire TUTTO il mondo politico (e la società civile), le Iene per anni ha propagandato come una sorta di gigantesca antifona che soltanto uno come Berlusconi, in quanto già ricco e realizzato, avrebbe potuto condurre l'Italia fuori dalla zona grigia in cui l'Italia era sprofondata dai tempi della Prima Repubblica. Ai compromessi e alla corruzione, Berlusconi ha opposto un ridicolo idealismo da spot, un mondo di sogni e seduzioni senza fondamento... Le Iene sono state un grande cavallo di Troia per me, l'emblema di ciò che è realmente il Berlusconi editore, un grande mistificatore senza vergogna, attento solo ai suoi interessi, spacciati per innovatività politica: se il programma non fosse andato bene in termini di ascolti, lui l'avrebbe cancellato; se il programma l'avesse mai attaccato direttamente, personalmente, lui l'avrebbe cancellato, come fece con Luttazzi, Santoro e Biagi. Ma tutto è sempre stato funzionale ai suoi piani, perché mentre lo rendeva simpatico e seducente, parlando sempre e comunque di lui, lo faceva pure arricchire.
    SEGUE

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  2. CONTINUA
    Per tornare all'editoria in senso stretto, non so in effetti se la sentenza Mondadori sia un bene assoluto: non si può quantificare in denaro ciò che poteva qualificarsi come alternativa culturale, e non ha potuto per colpa di un giudice a suo tempo corrotto (altro esempio della liberalità del Berlusconi editore!). So però che la querelle imprenditoriale-politica con Debenedetti ora si è spostata anche sul campo editoriale, di fatto. Mondadori sarà costretta a tagliare molto, investendo meno sui settori meno produttivi e floridi nelle vendite. Scommettiamo che penalizzerà i giovani autori?
    Ma in fondo questa sentenza è sacrosanta, e rende evidente il dissolversi del berlusconismo come egemonia culturale. Però per organizzare correttamente il dopo Berlusconi bisogna dare una spallata, smantellare anche il sistema politico-culturale nato in questa lunga fase: è necessario spazzare via anche la cultura di opposizione creatasi in questi anni, troppo speculare a Berlusconi, troppo dipendente dalle sue uscite e dalle sue stupidaggini, dalla sua ignoranza politica, umana, morale (che fa fare sempre bella figura alle anime pie, mentre invece gli elettori per anni hanno premiato l'esibita cafonaggine di Berlusconi, riconoscendola come vicina ai propri valori e ai propri sentimenti). Per quasi un ventennio la sinistra ha coperto il proprio stordimento e la propria mancanza di orizzonti dietro l'emergenza antiberlusconiana... Solo da qualche anno qualcuno ha capito che non bisogna seguire Berlusconi con la lotta nel fango, ma bisogna metter su un universo autonomo e indipendente di idee e di obiettivi... Punteremo dunque su Vendola e sul partito diffuso, liquido, reticolare? o punteremo ancora sul Pd? Non lo so, e non lo dico ironicamente. Dovremo essere molto tattici e strategici in futuro, pronti a tutte le alternative, a cambiare sempre e comunque disorientando l'avversario, non dandogli punti di riferimento. La politica e la cultura si giocheranno sempre meno su fronti definiti e concreti e sempre più su linee di schieramento invisibili, tratteggiate, cangianti. Dovremo essere cittadini guerriglieri, imprendibili perché non catalogabili, ma sempre pronti a intervenire e a rompere il cazzo, gianpà.

    PS, bel post!

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  3. Bel commento!!
    Si, trasmissioni come Le Iene e Sriscia la notizia sono molto meno eroiche di quanto la maggior parte delle persone pensano. Attaccano il singolo caso fino a renderlo espressione di un'intera realtà, in modo da spaventare i telespettatori e dir loro che c'è un solo modo per salvarsi... L'uomo che ho scelto di non nominare (e che tu hai azzeccato :-D) usa una vecchia strategia elaborata dalla Chiesa, quando diffondeva il terrore con le storie sul demonio e sulle streghe per seminare terrore e dire a tutti che per salvarsi doveva "affidarsi" alla chiesa.
    Come dici tu, essere cittadini attivi o, meglio, cittadini cacacazzo, è di certo la migliore reazione da adottare, migliore di quelle idee che prevedono nuovi partiti o personaggi "illuminati" da candidare.

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