Un'osservazione su "Principi Attivi"



Si è conclusa la terza edizione di Principi Attivi, l’iniziativa della regione Puglia che finanzia start up con Venticinque mila euro a fondo perduto. Tra vincitori ed esclusi basta scorrere le graduatorie, con i loro punteggi, per farsi un’idea non solo di cos’è Principi Attivi ma anche della reale condizione dei giovani in Italia. Basta infatti notare i pochi punti di scarto tra la classifica alta e quella media per scoprire quanti progetti validi siano stati esclusi a causa dell’elevato numero di partecipazioni (parlo chiaramente in generale, non facendo alcun riferimento alla mia esperienza). A guardarle, tutte quelle esclusioni sono in qualche modo il sunto delle povere e sterili politiche (non) attuate sul lavoro negli ultimi decenni.

Ma tralasciando le critiche alla politica in questo post farò delle brevi considerazioni su quello che mi è parso sia Principi Attivi (anche se dubito che tali considerazioni possano esser utili, dato che questa terza edizione, a quanto pare, sia stata l’ultima).
Innanzitutto Principi Attivi finanzia start-up. Può sembrare un’affermazione scontata, risaputa, ma in realtà è un nodo cruciale su cui riflettere. Dunque, si finanziano non imprese o realtà volte a creare posti di lavoro, ma laboratori in cui sperimentare idee. Non è un caso infatti che, a parte i progetti più brillanti e veramente innovativi, la stragrande maggioranza di quelli finanziati siano associazioni e cooperative che una volta esauriti i venticinque mila euro presentano esigue possibilità di continuità. Ancora meno di crescita (Leggi articolo su Il Fatto Quotidiano).
Come diceva il mio socio, Principi Attivi non è in verità un modo di creare posti di lavoro bensì un modo per fare scouting di idee e, allo stesso momento, un laboratorio in cui scoprire in quale direzione va il mondo. Volendo essere un po’ più cattivi è come se l’attuale classe dirigente, ammettendo di essere a corto di progetti, e di non avere neanche la più vaga idea di come affrontare le difficoltà dei nostri tempi, decidesse di rubare le idee dai giovani nella speranza di trarne qualche spunto.
A conferma di tutto ciò basta scorrere i titoli vincitori, ascoltare i redattori o semplicemente fare un censimento delle due edizioni precedenti per farsene un’idea. Non si tratta di progetti integrati e sfaccettati, volti a coprire più aree possibili per far fronte alle esigenze di bilancio, ma di idee univoche ben radicate in un solo settore. In altre parole si tratta di sperimentazioni di un anno delineate in un unico contesto. E’ quindi inevitabile che il terreno ideale su cui svolgere tali sperimentazioni siano associazioni e cooperative (tali forme, infatti, permettono una tassazione e una spesa generale di gestione minime o addirittura nulle).
A questo punto però viene da chiedersi: se un’associazione o cooperativa prosciuga tutti i fondi per poi ritrovarsi a fine anno con esigue entrate, come può garantirsi un futuro? Come può avere, detto in gergo, un follow up? E’ un po’ lo stesso interrogativo che si poneva nell’articolo comparso su Il Fatto Quotidiano.  
A fronte di quanto detto se mi ritrovassi a dare dei consigli a partecipanti di un’eventuale nuova edizione direi che probabilmente una chiave vincente può essere l’originalità del progetto e il suo livello di sperimentazione nell’arco dell’anno. Il follow up e la fattibilità, a notare i criteri di selezione, sono affari che riguardano più i diretti interessati al termine dei finanziamenti anziché la commissione valutatrice.

Con questa critica non intendo denigrare Principi Attivi. Essa resta una discreta politica per i giovani che si avvalora ulteriormente davanti allo sconfortante e desolante panorama delle politiche sul lavoro (non) attuate negli ultimi vent’anni. Se poi confrontiamo Principi Attivi, un semplice bando a carattere regionale, con ad esempio la riforma Fornero, una politica nazionale adottata da un governo cosiddetto tecnico, allora quella di Ventola è una iniziativa che assume lo stesso colore dell’oro.
Detto questo va comunque ribadito che il lavoro, colonna portante della costituzione italiana e linfa insostituibile per ogni economia, urge politiche ben più adeguate e mirate. 

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