Potenza – Praja a Mare in bici (2011): sotto il segno del falco
Ulisse, non il nostro eroe ma il suo leggendario antenato, è un viaggiatore, un profugo e, perché no, anche un “clandestino”. Gira per il mondo scoprendolo in tutti i suoi aspetti e in quanto stratega tende a identificare chi ha davanti, e quindi a capire se è il caso di fidarsi o meno, dalla riverenza che gli viene manifestata. In altre parole dal senso di accoglienza. Nel mondo di Ulisse il selvaggio è semplicemente colui che non accoglie il prossimo. Polifemo non ha buone maniere, è uno dei pochi che non gli offre nulla, e tutti sappiamo come va a finire.
Il senso di accoglienza è dunque nel sapersi offrire a chi solca la propria terra.
Basilicata coast to coast in bici 2011.
Dopo Lauria abbiamo pedalato tutta la mattinata. La nostra meta, Maratea, è ormai vicina ma la stanchezza inizia a farsi sentire e il sole delle tredici ci intima di fermarci. Ci accampiamo nei pressi di un casolare di montagna. L’ombra è lunga, la parete esterna ci assicura un appoggio per le schiene, oltre che per le bici. Insomma ci appare subito come un ottimo posto dove aspettare che il fuoco del primo pomeriggio si calmi.
Cuciniamo, mangiamo e restiamo lì spaparanzati a guardare vittoriosi le vette che si ergono più in là. Ad un tratto un’auto imbocca il viale e scivola giù da noi. Alla guida c’è un uomo sulla sessantina accompagnato da un ragazzino, forse suo nipote. Abbassa il finestrino e ci saluta con un sorriso. Gli diciamo che a breve togliamo il disturbo ma lui si affretta a rassicurarci. Poi esce dall’abitacolo, apre la porta del casolare e ci invita ad usufruire della fontana e dei bagni.
Questo è uno dei tanti episodi, avvenuti lungo i duecento chilometri del percorso, in cui ci è stato manifestato un forte senso di accoglienza. Qualcuno ci ha offerto della carne, altri dei panini, altri ancora dell’anguria, qualche vecchio si è sprecato nel offrirci indicazioni o si è messo a nostra completa disposizione per diverse evenienze. Nel ricevere tutte queste attenzioni è un po’ inevitabile restare meravigliati. Infondo siamo comuni abitanti di città e alveari, educati alla sfiducia verso il prossimo e alla difesa dagli sconosciuti. Sarà la montagna, o le comunità che la abitano, ma il punto è che più ci spingiamo nella natura selvaggia più gli uomini si fanno gentili.
Lungo il viaggio a qualcuno di noi talvolta capitava di avvertire delle presenze. In alcuni momenti avevamo come l’impressione che non fossimo tutti. Poi bastava solo fare un po’ di mente locale, o semplicemente contarci, per capire che in effetti nessuno di noi mancava all’appello. Eppure è stata un percezione che ci ha colpito più volte, magari solo per un breve istante, solo il tempo di inquadrare il gruppo.
Abbiamo provato a dare una spiegazione a questa sensazione e l’abbiamo fatto con i falchi, i quali ci hanno accompagnato per gran parte del nostro percorso.
Mi spiego. Dopo che il secondo giorno avevamo visto un falco guardarci sovrano dallo spuntone di una roccia, c’eravamo detti che in effetti la sesta presenza era lui. Era il falco che ci guidava, era il falco che teneva a bado le minacce, era il falco che in qualche modo si era imposto come simbolo del nostro viaggio. Certo, si trattava senza dubbio di una fascinazione dovuta a interi giorni di pedalate tra montagne, foreste e paesaggi mozzafiato. Del resto l’idea che un falco dall’alto potesse proteggerci dava all’intera esperienza un tocco magico. Ma ora, per tornare con i piedi per terra, o meglio con le ruote per terra, quella sesta presenza che a volte percepivamo forse non era altro che la benevolenza di chi incrociavamo per strada. Quella sesta presenza erano gli automobilisti che ci salutavano, le persone che ci riempivano di ammirazione, i curiosi che ci chiedevano del nostro viaggio, tutti coloro che ci offrivano cose e ci aprivano le porte delle loro dimore.
Il punto è che ci sentivamo benvoluti, lo si percepiva nell’aria. Ci sentivamo tutti cinque un po’ Ulisse e nel mondo di Ulisse è selvaggio chi non accoglie.
Grazie lucani.
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