SATYRANDROIDE, Tra la Penna e il Calamaio. 17: Notre Dame de Paris

Sono un lettore onnivoro ma se penso ai titoli che più mi hanno scolpito come persona, lettore e scrittore, mi vengono in mente opere che narrano storie di ampio respiro, opere che a prescindere dal periodo in cui sono state scritte sono legate ad un’idea classica e corposa di romanzo. 
Alcuni ne avrò menzionati più volte, ma su uno vorrei dedicare qualche parola in più, in quanto è stato tra i massimi punti di riferimento nel cucire la struttura narrativa di Satyrandroide: sto parlando di Notre Dame de Paris di Victor Hugo.


Notre Dame de Paris è una storia fatta di tante storie, ciascuna fornita di un suo incipit interno, incastonato abilmente nell’intreccio narrativo. E’ un romanzo che conta tanti personaggi, forse alcuni più presenti di altri ma tutti ricchi di un proprio passato, di un proprio bagaglio di paure e ambizioni e quindi di un proprio destino. Ma soprattutto è un romanzo in cui i molteplici intrecci, e le argute divagazioni, sono magistralmente gestite con la disarmante semplicità da un grande narratore, in grado di viaggiare avanti e indietro nel tempo, di spostarsi da un luogo all’altro, mantenendo un’armonia e un’unicità indissolubili. Di fatto il narratore si muove sulla storia come una danzatrice che plana con leggerezza divina sulla intrecciata e profonda molteplicità degli elementi.

Prendiamo ad esempio il capitolo Due del Libro Quinto: “Questo ucciderà quello”. 
Dopo aver raccontato di Parigi tutta, della Corte dei Miracoli, di Quasimodo, Frollo, Gringoire e Phoebus, Hugo riesce con un tempismo musicale ad inserire nel romanzo una divagazione sull’impatto che l’architettura delle cattedrali aveva sulla gente alla fine del Quattrocento. A dirla tutta non è proprio una divagazione ma una macchina del tempo fatta di parole, atta proprio a catapultare il lettore nell’epoca del romanzo. 
Siamo in un periodo in cui non è stata ancora inventata la stampa e l’immaginario popolare, nonché i racconti, le storie e le leggende nelle quali si forgiavano i valori del tempo, sono affidati all’architettura e in particolare alle cattedrali. Non si leggevano libri (in quanto non erano prodotti in serie e la stessa attività di lettura rientrava in un livello di istruzione riservato a pochi fortunati), di conseguenza il ruolo svolto “oggi” dai libri nel Quindicesimo secolo era svolto dalle sculture, dagli affreschi e dai motivi che caratterizzano le architetture del tempo. Ecco, Hugo riesce ad inserire questa sorta di intermezzo, con la sensibilità di un grande osservatore, senza mai essere pedante, esattamente come oggi farebbe uno scrittore fantasy o di fantascienza, quando deve prendere per mano il lettore e mostrargli le caratteristiche di un mondo estraneo e remoto.

In “Notre Dame de Paris” i personaggi entrano in punta di piedi ed escono con una deflagrazione di colori e umanità. La madre di Esmeralda, ad esempio, è un personaggio cupo, sotterraneo che Hugo fa emergere lentamente nel centro di Parigi fino a raggiungere lo spessore di un’eroina tragica. Per non parlare della complessità romantica di Quasimodo (diffidate da ogni riduzione cinematografica o teatrale), dei contrasti che Esmeralda ispira involontariamente in tutti coloro che la circondano, dei demoni che Hugo narra andando avanti e indietro nel tempo rispetto alla storia che racconta, delle scene così epiche, grandiose, colorate, narrate con estrema minuziosità e incanto, che svelano con oltre centocinquant’anni di anticipo una sensibilità cinematografica moderna.

Avevo già iniziato a lavorare su Satyrandroide quando finii di leggere Notre Dame de Paris. Oggi credo che fu proprio il capolavoro di Hugo a mostrarmi la strada che volevo seguire nella stesura del mio romanzo. Capitolo dopo capitolo fu in qualche modo una stella che non avrei raggiunto ma che, allo stesso momento, riusciva ad illuminarmi il cammino.


"Satyrandroide" è disponibile on line (amazon, Feltrinelli, Mondandori Store, Ibs, etc) e in libreria (se non presente a scaffale è possibile prenotarlo).

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