SATYRANDROIDE, Tra la Penna e il Calamaio: II La Calabria

Una parte del romanzo si sviluppa in alcune città della Calabria.

Ho esplorato la Calabria, permettetemi l’espressione, in occasione di un viaggio fatto nel 2004. Era agosto, io e il mio amico, Michele, eravamo due studenti con tanta voglia di viaggiare e pochi soldi in saccoccia. Così, con due zaini belli carichi, decidemmo di partire per la “Magna Grecia” determinati a rimanere a zonzo più a lungo possibile. 
Ci muovemmo per dieci giorni a piedi, con autostop e pullman presi al volo a titolo di favore, mangiammo per lo più con pranzi e cene offerte da calabresi, affascinati dall’idea che ci fosse ancora qualche autostoppista, visitammo gratuitamente parchi, scavi e musei (inclusi i bronzi di Riace), incontrammo tante brave persone, come i padri comboniani che a San Luca ci ospitarono e ci rifocillarono. Crotone, Capo Rizzuto, Catanzaro, Catanzaro Marina, Scolacium, Soverato, Locri, San Luca, Montalto, Gambarie, Reggio Calabria, Melito di Porto Salvo, Pentedattilo, Scilla, Villa San Giovanni. Queste furono le località che toccammo.
Il nostro fu un viaggio ricco di aneddoti, incontri, avventure. Si perché se passi ventiquattro ore al giorno per strada (compresa la tenda che montavamo dove capitava per dormire) ti capita un po’ di tutto (qui il racconto dell'intenso, ricco e faticoso terzo giorno, tratto dal mio diario di viaggio) . 
Qualcosa di quel viaggio l’ho raccontata qui nel mio blog, ma forse in futuro mi deciderò a raccontare qualcos’altro (è tutto lì, in un quaderno, in attesa di essere tosato e levigato). 
Di quel viaggio mi porto dietro una Calabria selvaggia, soprattutto laddove la fitta vegetazione si arrampicava sulle colline, il mare cristallino in cui scivolavano le alture o avanti al quale ci svegliavamo, le nuvole che ci passavano sotto i piedi a Montalto e le spiagge larghe e dorate che ci accoglievano, l’accento spigoloso dei calabresi che tuttavia era agli antipodi rispetto all’ospitalità che ti riservavano, la quantità di miti e racconti che sorgevano in ogni luogo (più di tutti a Pentedattilo) e le innumerevoli tracce della Magna Grecia. L’antichità, nella sua sfera più mitica, nelle sue realizzazioni più artisticamente audaci, o nella dimensione più quotidiana, era ovunque. Talvolta in scavi che incantavano come piccole Pompei, altre volte abbandonate nel bel mezzo della macchia mediterranea e della campagna, altre volte ancora insabbiata dalla barbarie e dalla cementificazione.





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