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Visualizzazione dei post con l'etichetta Cinema

Ladyhawk: La Magia delle zone d'Ombre

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Non ho idea di quante volte l'abbia visto, di certo però quando in seconda media il mio professore di italiano decise di proiettarlo in classe, io lo conoscevo ormai a memoria.  Ladyhawk è un film che vanta un'attenta contestualizzazione medievale nella quale però si libera una narrazione favolosa dal sapore leggendario. La stessa idea dell'eroe è staccata dalla tradizione che, proprio nel pieno degli anni Ottanta, li voleva esuberanti e allineati a qualche tipo di ordine: qui Navarre è un dissidente nei confronti del potere secolare della Chiesa, un solitario, un dannato, esattamente come la sua amata che si rivelerà nel corso del film. Attorno a loro un fuggiasco e un monaco anche loro in fuga dal passato e alle prese con una propria "maledizione".  Ladyhawk è un film che ami ad ogni età perchè nel suo essere anticonformista e antagonista sa raccontarti di quanto importanti siano le zone d'ombra e di quanta dolcezza e tenerezza possano celare, e così difende...

Alcune osservazioni sul film 1917

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Devo ammettere che negli ultimi tempi il cinema l’ho frequentato poco ma, chi mi conosce, sa che 1917 non potevo perderlo. 1917 è un bel film di guerra, con un ritmo intenso e un senso di tragicità che enfatizza ogni sequenza. Ma al di là di ogni cosa il film merita attenzione per due aspetti precisi. Il primo è la scenografia. Gli scenari di morte nei campi, teatri di precedenti battaglie, ispirano quel senso di disfatta umana che tutti i testimoni della Grande Guerra hanno citato nei loro racconti. Le carcasse dei cavalli, ad esempio, sono una delle icone di quel conflitto, reso tale dalle evocative e fulminanti descrizioni di Remarque in "Niente di Nuovo sul fronte Occidentale" o dalla crescente gravità degli scenari di "Fino all'ultimo uomo" di Manning. Agli occhi di un soldato, moralmente contaminato e caduto in punto di non ritorno per ogni purificazione, l'uccisione dei cavalli (nonché di mucche, cani e altri animali) diventa la rappresentazi...

#20MoviesChallenge, venti film per raccontarsi

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Negli ultimi tempi circola sui social un gioco in cui si posta un fotogramma di un film al giorno, per venti giorni. Lo scopo è più o meno quello di indicare le pellicole che in qualche maniera ci hanno cambiato. Il gioco non ammette altri commenti, né titoli, e forse questo è stato uno dei motivi per cui l'ho snobbato su facebook. Tuttavia la cosa mi divertiva e ho deciso di farlo su Twitter, personalizzandolo con i miei soliti giochi di parole, quelli in cui cerco di estrapolare il senso di qualcosa. La parola scritta, si sa, è ciò che rende intellegibile un'idea. Ed ecco quindi raccolti qui i 20 giorni.   Giorno 1: "Dormirò sonni tranquilli ora che il mio peggior nemico veglia su di me" Il buono, il brutto, il cattivo. Giorno 2: "Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere 'cazzo' sui loro aerei perché è osceno" Apocaplypse now Gio...

Doppio incanto natalizio: da Londra a Napoli

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Il 25 dicembre è sempre stata una data importante per l'umanità, almeno da questa parte dell'esmisfero, e pertanto che sia giorno della luce, Sol Invictus o Natale, ci riguarda un po' tutti. Quest'anno la sua attesa, se così posso chiamarla, l'ho accompagnata senza volerlo con due capolavori: un libro e un film. Il libro è un classico che volevo leggere da tanto tempo: "Canto di Natale" di Dickens. Un libro di cui si, tutti conosciamo la storia, ma che in verità la cui grandezza non immaginiamo minimamente fino a quando non iniziamo a leggerlo. Quello che stupisce è proprio lo stile e il modo con cui Dickens restituisce l'atmosfera natalizia nelle strade di una Londra ottocentesca. L'inverno, il buio e il fuoco, onnipresente, come un simbolo residuo di quella sacra lucentezza che gli uomini celebrano forse dall'alba dei tempi. E poi l'euforia, il candore domestico, le scene di quella quotidianità anomala, i colori, tutto descritto ...

"Infondo a destra": un gentile e incantato cortometraggio di qualche anno fa

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Anni fa conobbi un vecchio. Si chiamava Ciccio e mi ci affezionai subito.  Era forse uno degli ultimi testimoni diretti della seconda guerra mondiale. Aveva fatto il liceo e aveva avuto rogne per aver strappato un manifesto fascista. Poi era partito in guerra e dopo l’8 settembre del 1943, come tanti italiani, si ritrovò in un campo di prigionia tedesco. Arrivò a pesare trenta chili fino a quando il campo fu liberato dai russi. Ricordo ancora i suoi occhi quando parlava della fuga su un tappeto di cadaveri, insieme ad altre migliaia di prigionieri, tutti come lui indifferenti alla tragedia che giaceva sotto i piedi.  Ma Ciccio non parlava solo di guerra. Aveva molte passioni come la campagna, la lettura dei quotidiani, la cura delle piante e lo stare in mezzo alla gente. Ancora meglio tra i giovani.  Lo intervistai per la testata locale per cui lavoravo. L’articolo ebbe un considerevole eco nel paese al punto che con l’assessore alla cultura e il circolo Arci local...

The Martian - la risposta perfetta a tutti i perchè sulle missioni spaziali

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C hi mi conosce sa del mio debole verso la Fantascienza, quella con la F maiuscola, quelle storie narrate e inventate che derivano da uno sguardo attento sul presente, capace di cogliere gli aspetti più misteriosi del progresso scientifico, e più in generale umano. E' per questo che ho deciso di spendere qualche parola sul film "The Martian". Il plot - La storia parte da una missione su Marte e dall'incidente in cui rimane coinvolto uno degli astronauti. Questi, il botanico Watney, viene creduto morto e quindi abbandonato sul pianeta rosso. Il problema però è che le cose non stanno proprio così e ben presto il nostro protagonista si risveglia tutto solo  in un pianeta disabitato con provviste di ossigeno e viveri scarse. Come fare, e cosa fare, quindi per sopravvivere al di là delle risorse attualmente disponibili? Il film rappresenta in maniera metaforica e simbolica, come da perfetta tradizione fantascientifica, la forza che muove la ricerca scientifica. No...

La trattativa: perfetta ricostruzione dei fatti tra fiction e documentario

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Ieri ho visto questo film e, in tutta sincerità, lo consiglio vivamente. Una ricostruzione minuzziosa dei collegamenti tra tutto ciò che è successo dalle strage di Capaci e via D'Amelio alla riapertura delle indagini. Chi in questi anni è stato un po' attento, o si è preso la briga di informarsi, conoscerà sicuramente gran parte dei fatti illustrati in questo film. Quello che però sorprende è la capacità (della Guzzanti e dei suoi collaboratori) di creare un filo diretto tra   tutti i personaggi e i fatti. Di ricostruire, come in un puzzle, tutto quanto: confessioni dei pentiti, lavoro dei magistrati, accordi sottobanco tra rappresentanti delle istituzioni (a partire dal generare dei Ross) con gli esponenti di Cosa Nostra, arresti e via dicendo. Il tutto inserito in una rete di contatti, connessioni, rapporti, insomma in un filo sequenziale che rende tutto ciò un'unica maledetta storia.  A questo proposito ottima la scelta di fondere documentario con la fiction: trattando...

Controllate sempre sotto il vostro letto...

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Il piacere di aver paura.  Era questo il titolo di una raccolta di racconti horror che lessi quando ero poco più che adolescente (sarà stato probabilmente tra i primi miei libri letti). Era una selezione di racconti dei più grandi autori horror, dai più classici come Poe, Lovecraft, Hoffman fino ad arrivare ai contemporanei come King e Campbell.  Il libro mi catturò subito per il titolo.  Tutt'oggi penso che quel titolo rappresenti benissimo una delle mille sfumature della paura, una sensazione in cui mistero, attesa e inconscio si sposano perfettamente creando uno strano e insolito piacere.  Ci sarebbe tanto da dire a riguardo ma penso non sia il caso perché un'idea del senso di questa forma strana di piacere è ben rappresentata da questo cortometraggio.  Un minuto, un solo minuto, per raccontare un incubo.  Buona visione. 

Quattro parole su "Il Giovane Favoloso"

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Ho apprezzato molto il film "Il giovane favoloso" per una serie di motivi.  Primo perché è fatto come dovrebbe essere fatto qualsiasi film su un grande poeta: non un inutile tentativo di farne una enfatica e precisa biografia bensì uno spioncino da cui osservare il mondo interiore e simbolico del personaggio. Secondo perché in questo film vi è un riscatto contro quella pedanteria accademica che oltre ad aver afflitto lo stesso Leopardi ha rappresentato un modo limitato e didascalico con cui trattare la sua opera nelle scuole. Terzo perché è un film sulla poesia, con un elemento narrativo ridotto al minimo, e un sapiente montaggio di emozioni, impressioni e parole. Forse è un po' lungo, si, ma prendetelo come un videoclip lungo ed eterno a cui si deve pur porre un punto finale. 

Tra Scott Pilgrim e la schizofrenia dei trentenni

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Esiste una generazione cresciuta con alcune certezze: il potere emancipatore dello studio, le conquiste dei diritti nel lavoro, la sobrietà come punto di riferimento nelle questioni ufficiali e via dicendo. Dall’altra però è una generazione che, una volta cresciuta, si è ritrovata a vivere non solo in un mondo che ha tradito puntualmente le certezze acquisite, ma anche alle prese con un granitico concentrato di pura disillusione che grava sulle spalle. Un’inevitabile conseguenza. Si tratta di una generazione un po’ schizofrenica che sembra uscita da un film di Fellini, o dal Rocky Horror Picture Show. Si, perché questa generazione è la stessa che fino a più di vent’anni fa si alimentava con robuste dosi di fantasia ricavate da cartoni animati e videogiochi. Il mondo attuale dice a questa generazione che la vita è una lunga serie di combattimenti. Forse più di prima. Appurato questo sarebbe curioso sapere come ognuno di noi affronta quotidianamente gli ostacoli e i “nemic...

Habemus Nanni

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La crisi di un papa, la sua inadeguatezza a sorreggere un fardello così pesante, la complessità dei tempi attuali e il bisogno di una guida, tutti temi che prendono la forma di un vecchietto inquieto che girovaga per la capitale. Forse solo per questo varrebbe la pena vedere Habemus Papam. Ma in effetti c’è di più: osservare i cardinali ballare sotto le note di Todo Cambia e giocare a pallavolo è un trionfo di bellezza cinematografica e ironia genuina. D’altro canto però come tanti altri film di Nanni Moretti anche questo è un po’ strampalato (un effetto forse non tanto ricercato). Si, perché al di là di tutte queste belle trovate la sceneggiatura non si evolve più di tanto, i personaggi sono cristallizzati nei loro ruoli e soluzioni finali alquanto sbrigative screditano un po’ il tutto. Resta comunque il messaggio alla base del film che, in qualche modo, dovrebbe arrivare. Un’odissea di un neopapa alla ricerca di una (sua) umanità e, in quanto tale, non all’altezza del compito. ...

"Qualunquemente" e la sua crudeltà

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L’androide Ulisse sa che per una buona volta la campagna promozionale per un film non è solo pubblicità ma una rappresentazione parodica, una provocazione se vogliamo, di quello che ahinoi avviene nella realtà. I manifesti elettorali con un Cetto La Qualunque impettito e recanti slogan che fanno un’ottima ermeneutica delle vere campagne elettorali, sono in realtà l’unica cosa che ricorderemo di questo film. “Qualunquemente” è la trasposizione cinematografica di una serie di sketch con cui Antonio Albanese ci ha fatto ridere sulla bassezza della politica attuale. Uno sketch è una scenetta, rappresentata con tratti stilizzati, che proprio per la sua breve durata può far ridere anche su questioni scottanti. Però se estendiamo la sua durata le cose cambiano: quella stessa ironia non solo ci toglie le risa ma arriva persino ad essere la rappresentazione più nitida di una tragedia. E’ proprio quello che accade in “Qualunquemente”. E’ un film che non fa ridere e fa uscire dal cinema in...