"Qualunquemente" e la sua crudeltà

L’androide Ulisse sa che per una buona volta la campagna promozionale per un film non è solo pubblicità ma una rappresentazione parodica, una provocazione se vogliamo, di quello che ahinoi avviene nella realtà. I manifesti elettorali con un Cetto La Qualunque impettito e recanti slogan che fanno un’ottima ermeneutica delle vere campagne elettorali, sono in realtà l’unica cosa che ricorderemo di questo film.
“Qualunquemente” è la trasposizione cinematografica di una serie di sketch con cui Antonio Albanese ci ha fatto ridere sulla bassezza della politica attuale. Uno sketch è una scenetta, rappresentata con tratti stilizzati, che proprio per la sua breve durata può far ridere anche su questioni scottanti. Però se estendiamo la sua durata le cose cambiano: quella stessa ironia non solo ci toglie le risa ma arriva persino ad essere la rappresentazione più nitida di una tragedia. E’ proprio quello che accade in “Qualunquemente”. E’ un film che non fa ridere e fa uscire dal cinema incazzati tutti coloro che sanno ancora indignarsi. Quello che Albanese racconta non è finzione, ma la pura realtà degli ultimi anni e questo fa del suo film un capolavoro di crudeltà. L’esasperazione con cui racconta le dinamiche della politica porta a galla tutto ciò che sappiamo ma che non viene ammesso. Le stesse battute elargite a Zelig o a Che tempo che fa, qui non fanno ridere.
E’ probabile che si tratti di un effetto cercato dallo stesso Albanese. E’ un grande attore e viene difficile pensare che lasci qualcosa al caso. Ma a questo punto mi viene in mente “Il Grande Dittatore” in cui Chaplin, anche dopo essersi preso gioco di Hitler per tutto il film, sa benissimo che quel personaggio sarà sempre troppo pesante. Nulla potrà mai annullare il terrore, la superbia, l’inquietante aria di orrore che aleggiano su Hitler. Neanche la migliore delle comicità. Lasciarlo così, del resto, sarebbe l’ennesimo colpo ad un mondo che sta precipitando sempre più nel baratro. E allora che fa? Conclude il film facendo pronunciare al suo stesso personaggio uno dei più bei discorsi sull’umanità che il cinema ci abbia mai riservato (“Pensiamo troppo e sentiamo poco”). E’ il miglior modo, forse l’unico, per smontarlo. Ecco, io avrei preferito che avesse chiuso il film in una maniera simile. E invece, no. Conclude con l’ennesimo colpo alla schiena a chi ha ancora un briciolo di buon senso. Si, diciamolo: questo film non porterà al cinema chi ha votato colui di cui mi rifiuto di pronunciare il nome, non porterà il popolino che tanto lo ama. Al massimo porterà i suoi seguaci che in effetti lo troveranno un film davvero comico. Li farà ridere di spirito, in maniera molto rumorosa in modo che tutti sappiano che loro si stanno divertendo.
No, non serve a niente colpire chi sa benissimo che le cose non vanno. A queste persone va data una speranza, un modo per continuare a combattere, un discorso che possa riempire i cuori di coloro che non si sono ancora arresi.
Grazie per la tua ermeneutica, Albanese, ma per il resto potevi rimanere nello sketch.  

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