SATYRANDROIDE, Tra la penna e il Calamaio, 10: Napoli e il Sud

Cosa vi viene in mente quando pensate al Sud Italia?
Credo che in tante eventuali risposte emergerebbero una serie di stereotipi o elementi inflazionati, frutto a mio avviso di un’ingiustizia storica. 

La verità è che il sud Italia, nella sua stratificazione culturale millenaria, nelle sue mille sfaccettature, amalgamate e spesso contraddittorie, nella sua enorme ricchezza di esperienze e influenze, non è leggibile e interpretabile da tutti. Il vero Sud Italia non è pop, né folk. Non è la pizza napoletana, né il suo caffè, non sono i polpi di Bari, tanto meno le esotiche spiagge del Salento (ancora meno il suo reggae), non sono le tarantelle ballate con gonne vintage e vinello, né la retorica che enfatizza la bellezza della povertà (retorica declamata, oggi come ieri, dalla borghesia latifondista). 

Quando mi chiedono perché ho ambientato gran parte del romanzo nel Sud Italia, mi viene sempre da rispondere, al di là della poetica legata al romanzo, perché è la terra perfetta per raccontare storie. Una terra di chiaroscuri, di cose reali che in un mondo o nell’altro finiscono per perdersi nella leggenda e nella fantasia, di culture agli antipodi sovrapposte l’una sull’altra o addirittura fuse l’una dentro l’altra. Sin dai tempi di Omero infatti accoglie mille storie, reali o inventate, tra piccoli aneddoti e grandi storie mitiche, fino a diventare un folle amalgama di realtà e fantasia. E seppure i luoghi (in)cantati siano disseminati qua e là, spesso nascosti e lontani dai luoghi più “iconici”, vi è tuttavia una città che rappresenta a pieno lo spirito plurimillenario del Sud Italia: Napoli. 


Napoli non è presente nel romanzo ma più volte mi ha offerto l’ottica giusta da cui guardare non solo la città ma tutto il Sud. 
Seppur a Napoli la cultura cristiana sia imperante e abbia prodotto alcuni dei capolavori artistici più estasianti, non credo possa essere definita città cristiana. E quello che oggi vediamo di cristiano non è altro che una veste estetica che cela una ritualità e una sensibilità ancora classiche e quindi pagane. L’enfatizzazione del corno (chiaro riferimento ai sacrifici animali per gli dei), il rito del sangue di San Gennaro (il sangue vivo dopo la morte, altra caratteristica di una cultura pagana e non cristana), le numerose catacombe che si annidano nei suoi sotterranei (necropoli del periodo greco e romano in cui gli stessi cristiani trattavano i loro morti col culto pagano), solo per citare alcuni casi, tradiscono quotidianamente la sua vera anima. Ma al di là della parte fokloristica Napoli, come tutto il Sud Italia, è stracolma di storie: la sirena Partenope che rifiutata da Ulisse andò a morire sulle rive facendo così nascere la città, l’uovo che Virgilio posò sotto il castello a reggere la città, Pulcinella che torna dal mondo dei morti (i fantasmi, per chiarire, sono un’elaborazione sociale pagana tutt’oggi accettata e assorbita nella cultura cristiana) e via dicendo. Storie che eleggono questa città, insieme alla sua terra, come uno dei luoghi più criptici ed esoterici d’Europa. 


Non so se un giorno scriverò un romanzo su Napoli, ma di certo il sud di Satyrandroide, teatro di un’umanità sfaccettata, dannata, contraddittoria, o addirittura persa nelle sue innumerevoli identità, ma sempre ostile alla più rigida, quadrata e placida modernità, è nato proprio anche dall’amore per questa città e dal fascino che la città partenopea ha esercitato su di me. 







Ecco dove al momento puoi trovare Satyrandroide

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